Che suono ha la bellezza? Difficile esprimerlo. Forse dovremmo chiederlo ai dervisci rotanti, asceti di alcune confraternite sufi (la corrente mistica dell’Islam), noti soprattutto per le loro danze celestiali. Il loro fondatore, Jalal al-Din Rumi, uno dei più grandi Maestri che l’umanità abbia mai avuto, era solito invitare i suoi discepoli a uscire dal circolo del tempo per entrare nel circolo dell’amore. Laddove spazio, tempo, così come tutte le categorie mondane in cui siamo costantemente immersi, scompaiono. Probabilmente è per accedere a questo spazio sacro che i dervisci hanno trovato nelle loro danze armoniose la chiave della trascendenza per fondersi con le note mistiche del suono della bellezza ed entrare in sintonia col Creato.
Lo stesso mezzo adoperato da Orfeo per ritrovare la sua Euridice, trionfando sulla morte attraverso la melodia. Allo stesso spazio sacro è riuscito ad accedere, sicuramente, anche Johann Sebastian Bach, conservando la mappa del sentiero per i posteri e cristallizzandola in quel florilegio musicale dal sapore alchemico che conosciamo come Variazioni di Goldberg. Attraverso queste trentadue tracce, infatti, possiamo provare a sintonizzarci anche noi alla dimensione della bellezza.
Ed è sulle note di queste Variazioni che Virginia Saba ci inizia, attraverso il suo pregevole libro, all’ascolto della bellezza. Va detto, Il Suono della Bellezza, note di vita e filosofia, If Press Edizioni, non è un’opera di facile lettura, tanto meno è facile collocarla. In esso troviamo chicche di filosofia, aneddoti, risulta a tratti poetico e, in alcuni punti è talmente profondo da farci talmente riflettere che ci ritroviamo in raccoglimento come se leggessimo una preghiera. Forse potremmo definire l’opera come una crestomazia nel senso originario del termine. In senso strettamente letterale, infatti, la crestomazia – dal greco χρηστός “utile” e μανθάνω ” imparo” – designa una raccolta di insegnamenti, di incentivi a crescere, a indagare e a conoscersi. Ed è proprio questo che ci permette l’opera di Virginia Saba.
In effetti, per essere apprezzata appieno, una lettura di questo genere va anche ascoltata. Mi spiego meglio: chiunque voglia cimentarsi in questa lettura si armi di un paio di casse, faccia partire in sottofondo le trentadue Variazioni di Goldberg, inizi a sfogliare il libro e si immerga in questo esercizio. Pagina dopo pagina, si ritroverà a navigare in un oceano di note ed emozioni, attraverso un viaggio nel tempo e nello spazio. In questo percorso trascendentale, l’Autrice, ci guiderà come una novella Beatrice, facendoci scoprire gesta e aneddoti di personaggi storici o mitici, ciascuno dei quali avrà un prezioso insegnamento da impartirci. Dalla sensibilità estetica di Artemisia Gentileschi, alla dimensione interiore del Don Chisciotte, alla numerologia di Pitagora, sino alla lezione universale impartita dal suddito Lahur Sessa al sovrano indiano Ladava col dono degli scacchi. Il fine? Raccontare la bellezza e − impresa ancor più ardua − insegnarci a scoprirla nella quotidianità e nelle piccole cose.
Emblematico, a tal proposito, è il capitolo XX, dedicato alla rosa mistica. La rosa, simbolo di bellezza per antonomasia, ha ispirato artisti di ogni genere. Salvador Dalì, con la sua rosa mistica sospesa nel tempo e nello spazio, Antoine de Saint-Exupéry che ci racconta il profondo e puro legame del suo Piccolo Principe con una rosa o lo stesso Rumi che alla rosa ha dedicato bellissimi componimenti poetici.
Chiunque, trovandosi a Parigi, capiti presso la tomba di Gertrude Stein, scrittrice e poetessa statunitense, rimarrà colpito dall’epitaffio scolpito sulla sua tomba. “A rose is a rose, is a rose, is a rose...” (Una rosa, è una rosa, è una rosa). Dietro questo assioma si racchiude il senso più profondo del fiore per eccellenza della tradizione occidentale.
Siamo quindi alla ventesima Variazione. Ed ecco che anche la nostra Autrice è rimasta estasiata dalla bellezza e dalla semplicità di questo fiore e, partendo dall’opera di Dalì, ci invita a cogliere il segreto della bellezza. “L’arte ci concede infinite possibilità, se siamo capaci di comprendere cosa l’arte sia”, spiega Virginia Saba per poi spiegarci che “tutto ciò che è arte ci permette di capire che abbiamo tutti qualcosa in comune: qualcosa di divino”. E così la rosa, diventa un tuttotondo con l’animo umano, l’osservante si fonde con l’oggetto osservato, e avviene una vera e proprio ierofania, “il miracolo: la creazione dell’organismo spirituale universale”. È il miracolo quotidiano dell’alternarsi del giorno e della notte, fruibile a tutti coloro abbiano il piacere di guardarlo, perché come diceva il grande Tiziano Terzani, il mondo ci regala infinite meraviglie e “la sua immensa bellezza è lì per tutti. Nessuno può pensare di portarsi a casa un’alba o un tramonto”.
Concepito come un mosaico, alla pari di un mandala tibetano su cui meditare, Il Suono della Bellezza ci spinge all’introspezione e ci suscita mille interrogativi la cui risposta è custodita nel più recondito delle nostre anime. Alla fine del viaggio ci sentiremo sicuramente arricchiti e forse i più fortunati riusciranno ad ascoltare il suono della bellezza.
Recensione di Lorenzo Manca