Grudina Brice

Brice Grudina nasce a Caserta il 10 febbraio del 1990, sotto il segno dell’acquario. Trascorre l’infanzia a Villaspeciosa (SU), un piccolo paesino che dista venti chilometri da Cagliari dove i suoi genitori si trasferirono quando lui aveva solamente quattro anni.

Di madre francese e padre italiano, fin da piccolo sviluppa una passione per le lingue, in particolare per la sua lingua seconda, il francese.

Si laurea in Lingue e Culture per la Mediazione Linguistica a Cagliari, dove attualmente è iscritto al corso magistrale, nella medesima università.

Lavora come traduttore free lance e si avvicina alla poesia quasi per caso, grazie alla pubblicazione del suo primo inedito dal titolo Illusioni (qui riproposto), apparso sul settimanale Intimità, nel gennaio del 2019.

Nel mese di aprile 2019 collabora con la casa editrice Pagine, prendendo parte alla collana Voci versate, n. 32.

Brice Grudina è un poeta nato. Questa raccolta dal titolo sintomatico, Insonnia, lo vede sull’asse tematico dei grandi poeti.

Un titolo apparentemente come qualsiasi titolo, che invece conduce il lettore dritto alla questione: la solitudine dell’essere, soprattutto nel nostro tempo di distacco tra uomo e mondo.

Il poeta è notturno. Penso alle Fleurs du Mal del grande Charles Baudelaire. La Parigi notturna ha spazi immensi, ma gli fa paura. Il buio, il silenzio, i passi che riecheggiano, qualche rumore. Il poeta si sente solo, abbandonato da tutti. E allora dialoga con l’universo, e con le piccole e le grandi cose.

Un forte senso di angoscia, di ansia, di maledizione lo attanaglia. Il poeta sa e nulla può fare. Scandaglia nei meandri della sua vita, e “per la prima volta e dopo tanto tempo” percepisce “un qualcosa di nuovo, un’aura positiva”. Si sente sollevato. “Gli strani e cupi pensieri man mano cominciano a svanire”.

Eppure il cosmo si chiude su di lui, come una grande cappa di piombo. Donde il desiderio della scrittura, del testo come salvezza, della poesia che è la sola possibilità che gli resti.

E racconta, per fiumi inarrestabili di parole, per liberarsi di macigni, del tedio, dell’insonnia, e dare il suo contributo, a se stesso e all’altro.

Brice Grudina si chiede allora: “Chi è lo scrittore, dunque? Colui che è capace a scrivere o colui che ha da raccontare? Cos’è la scrittura, quindi? Il bene o il male del nostro subconscio? Infine, chi è il poeta? Colui che ha il coraggio di esternare i propri sentimenti o colui che li nasconde dietro una poesia?”.

Domande lecite e terribili. Che pesano come macigni. Che mettono in causa il poeta stesso e la sua scrittura. Il poeta si sente “Tradito / da sempre tradito / dall’alba e il tramonto / dal tempo che scorre / dalla condanna di morte”.

Ritrovo Baudelaire tradito dal mondo, che si affida alla poesia, con la dolcezza di un bambino. Grudina crede allora “al sole, alle stelle, alla luna”, “a me e te e alla fortuna”, “al vento, al mare, al calore”, “a noi due aggrappati ad un cuore”.

Ma basta? La città uccide. Dio non ascolta i nostri lamenti. L’uomo – il poeta – da Lui creato è un “flagello”. E il poeta si chiede: “Guerra, povertà, siccità e miseria, / angoscia, dolenza, sofferenza e afflizione, / quanti sono i beati a perire all’Inferno?”.

All’epoca degli avi, il tempo era sì un “peso”, ma non “il prezzo del mondo”. I bimbi correvano nei prati, si leggeva, si ascoltavano racconti, si sognava, si credeva “nel viaggio / in un mondo incantato”. C’era un “cielo stellato” e si “Cercava la luna”.

E ora? Chi è il poeta? La sua anima si riflette nello spazio, la città vive nel buio. Come se non bastasse, “Precaria / è la nostra Esistenza. /Non premia il Talento, / irride il Tormento”.

La Morte si fa “eterno dolore”. “Nel Prato / il Profumo di un Fiore”, ma tutto ha il senso del precipizio. Leggere per conferma la “lettera suicida del povero Michele”.

Male dappertutto. “Amicizia, innocenza, amore puro e spirituale” si rifugiano “nel giardino dei sogni”.

Eppure le parole “diventano poesia”. Se ti guardi all’indietro, torna il senso del tempo, e la lotta del poeta. La poesia lo libera. Egli “tramuta il [su]o Male”. Sembra impossibile: ma la salvezza è ancora nelle nostre mani.

Mario Selvaggio

 

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